Prima del
frigorifero
- Neve e ghiaccio ebbero, per
secoli, un’importanza vitale.
Sin dalla preistoria, neve e ghiaccio sono stati
usati per conservare gli alimenti.
Erano infatti oggetto di produzione, trasporto, stoccaggio,
commercio e consumo che hanno segnato in una certa misura, a
partire almeno dal Seicento, uno degli aspetti della
modernità, per la conservazione degli alimenti, e in primo
luogo delle proteine animali.
- Si assiste cos'ì alla nascita di magazzini di
stoccaggio di blocchi di neve, dette
"Neviere", che lanciano un’attività economica che fiorì in
Italia alle soglie dell’età moderna, fra il XVII e il XVIII
secolo, per essere poi messa in crisi dallo sviluppo
tecnologico, che diede vita, prima in Inghilterra a partire
dal 1830, poi anche in Italia (a Roma dal 1880), ai primi
stabilimenti per la produzione del ghiaccio industriale.
- Già nel Rinascimento, piccoli
edifici adibiti a ghiacciaie compaiono nelle cantine o nelle
corti rustiche di ville e palazzi.Le neviere si riempivano
d’inverno con ghiaccio frantumato o neve pressata alternata
a strati di paglia e ricoperta di foglie secche o anche di
stracci di lana.
- Sulla riviera
adriatica, già nel Seicento erano numerose a Cesenatico e
Senigallia le
ghiacciaie per la conservazione del pesce. A Genova ghiaccio
e neve erano assai utilizzati per conservare i carichi di
pesce destinati alle città padane e la neve veniva anche
imbarcata sulle navi, per mantenere i cibi durante il
viaggio. A Milano, quando non nevicava in pianura, la neve
si importava dal lago Maggiore: raccolta sui primi monti e
portata al lago dentro grandi gerle, giungeva in città su
barconi. Se non nevicava, si produceva il ghiaccio allagando
un tratto di terreno e lasciandolo congelare. Quando la
crosta raggiungeva i 15-30 cm si spaccava in blocchi adatti
al trasporto.
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Galleria sotterranea per lo stoccaggio
della neve. |
Primi studi
e Prototipi
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Il ciclo ad
Assorbimento utilizza una fonte di calore,
generata da un bruciatore a gas o kerosene, la quale
riscaldando il contenitore contenente gas provoca una
pressione all'interno del circuito. La presenza di un
limitatore posto nella parte superiore fa si che il gas
espandendosi nell'evaporatore provoca il raffreddamento del
liquido. Più tardi, con l'arrivo dell'elettricità, il
bruciatore fu sostituito dall'inserimento di una resistenza
elettrica.
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Il ciclo a
Compressione utilizza un compressore elettrico
per poter portare a pressione il gas nel circuito ad alta
pressione.
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La pericolosità dell'utilizzo di tali fluidi spinse,
negli anni trenta, la Frigidaire a proporre sul mercato
nuovi refrigeranti, che consentissero una maggiore sicurezza
d'uso.A partire dal 1930 fanno la comparsa sul mercato i
primi fluidi clorurati: R11, R12 e, via-via negli anni, R22
e R502.
Nascita di un'industria grazie al boom
del dopoguerra.
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Il primo frigorifero rudimentale per uso domestico è
stato prodotto nel 1914, con lo sviluppo della rete
elettrica, dalla statunitense
Kelvinator, inizialmente era costituito da una scocca
isolata termicamente con due vani interni, uno ospitava il
motore e l'altro era il vano per la conservazione dei cibi.
Ben presto nacquero altre due aziende concorrenziali, la
Frigidair, sostenuta dalla
General Motors e la
Philco poi ceduta nel
dopoguerra alla Ford.
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Anche in Italia FIAT
produceva su licenza Westinghouse
i famosi frigoriferi bombati della serie 9000 e la
CGE era la sua diretta
concorrente, ma stavano nascendo molte altre aziende
artigianali impegnate dapprima nella costruzione di
fornelli, cucine a Gas e stufe economiche, poi approdando
alla produzione di frigoriferi, come la
IGNIS di Comerio della famiglia Borghi,
la Zanussi con i marchi REX, Naonis
e successivamente Zoppas, la
famiglia Merloni di Fabriano
con il marchi Ariston. In
Piemonte le famiglie Campioni e
Candellero rilevano il ramo elettrodomestici Fiat e
fondano la INDESIT, mentre a
Monza la famiglia Fumagalli
porta al successo la Candy
specializzata nella costruzione delle prime lavatrici e
lavapiatti. Negli anni 60 il panorama Italiano dei siti e
distretti produttivi di elettrodomestici sono concentrati
essenzialmente al centro-nord, ma da li a poco con l'arrivo
delle grandi multinazionali Philips,
Electrolux e Whirlpool non seppero reggere alla
spietata concorrenza dell'economia mondiale.
La scatola
del freddo e le relative problematiche
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Da questo periodo nel mondo del freddo si è badato
all’utilizzo di fluidi stabili chimicamente, con buone
proprietà termodinamiche, non tossiche e non infiammabili.
Gli elementi chimici che hanno potuto garantire tali
requisiti sono il cloro ed il fluoro che sono entrati a far
parte in gran quantità nella composizione dei
CFC e degli HCFC.
Quando però il problema del
buco dell'ozono e dell'effetto
serra sono saliti alla ribalta internazionale si è
visto che i CFC non potevano più essere accettati, dato che
contribuivano notevolmente all’aggravarsi dei due problemi,
stante proprio la presenza nella loro composizione del cloro
e del fluoro.
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Intorno agli anni '50 ad alcune grandi aziende
metalmeccaniche come la General Motor (USA), la FIAT (ITA),
la BOSCH (GER) vennero commissionate la costruzione dei
primi apparecchi frigoriferi ad uso familiare allora molto
costosi. Le case costruttrici si sbizzarrivano nella
progettazione di particolari modelli con interni colorati e
sagomati per poter meglio ospitare gli oggetti come il
portabottiglie, la verduriera, la scatola della carne ed il
cassettino dei formaggi. Le caratteristiche costanti che
possiamo notare in tutti i modelli dell'epoca sono
sicuramente la porta bombata e la chiusura con maniglia a
scocca.
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E' il 1974 quando due scienziati americani, Rowland e
Molina, illustrano la loro teoria secondo la quale il cloro
contenuto nei CFC agisce da elemento distruggitore dello
strato di ozono atmosferico.
L’assottigliamento di quest’ultimo porta ad una maggiore
incidenza dei raggi ultravioletti del sole sulla Terra.
Per tale teoria Rowland e Molina vengono insigniti del
Premio Nobel per la chimica. L’industria del freddo si è
trovata fortemente coinvolta di fronte a queste
problematiche, visto che per quarant’anni aveva concentrato
i propri sforzi di ricerca in ben altre direzioni e che
proprio il cloro costituiva il punto di forza per ottenere
determinati requisiti dei fluidi.
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Nel 1984 viene firmata la Convenzione di Vienna e nel
1987 il
Protocollo di Montreal, primo accordo a
livello internazionale che stabiliva la progressiva
riduzione nel tempo dell’uso dei CFC. Nel 1990, alla
Conferenza di Londra, fu deciso di sospendere la produzione
dei CFC e HCFC entro il 1994.
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Si iniziò così l'utilizzo di nuovi gas HFC ( sostituendo
la parte di cloro dal precedente gas con parti di idrogeno).
Ciò comporta, però, il dover affrontare un nuovo problema:
se la quantità di idrogeno che compone la sostanza è
rilevante il fluido diventa infiammabile, quindi pericoloso.
Nel 1998, alla Conferenza
mondiale di Kyoto, viene deciso di includere anche i
refrigeranti HFC tra le sostanze responsabili dell’effetto
serra.
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Attualmente si stanno sperimentando nuove
miscele di HFC e idrocarburi e
sempre maggiore interesse viene riposto nella "riscoperta"
dei fluidi naturali, i primi refrigeranti utilizzati nella
storia della refrigerazione.
Fabio Gambioli.
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Ciclo di refrigerazione ad
Assorbimento.
Frigo Silo NH3(Ger-1930)
Laboratorio per la
produzione del ghiaccio (1907)
Bosch (1960) caricato a Anidride
Solforosa (SO2)
Fiat (1955) Gas R12 |
Bibliografie
- Storia del liquido frigorifero
(www.interfred.it)
- Prima del frigorifero (
www.sapere.it )
- Turismo Itinerante (
www.turismoitinerante.it )
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